Da anni lavoro come Psicologa e Psicoterapeuta libero professionista a Chiaravalle (AN), nella città in cui sono nata e cresciuta. Nella pratica clinica mi interesso di differenti problematiche che possono presentarsi nell’arco di vita. Il mio intervento è rivolto principalmente all’adolescente e all’adulto ed è diretto sia al singolo individuo che alla coppia. Mi occupo di counseling, sostegno psicologico e psicoterapia.
In generale il mio lavoro è finalizzato alla promozione del benessere psicologico, al raggiungimento del miglior equilibrio psichico personale, al miglioramento delle capacità relazionali e di gestione dei propri stati emotivi ed impulsi, al raggiungimento di una migliore comprensione di sé e dell’altro, al conseguimento della massima realizzazione di sé stessi e delle proprie capacità e potenzialità, all’accettazione dei propri limiti ed alla riduzione della sofferenza psichico-emotiva.
Per il conseguimento degli obiettivi terapeutici utilizzo prevalentemente i seguenti strumenti: colloquio anamnestico; test psicodiagnostici; scale di valutazione; colloquio psicologico clinico; Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Comportamentale (Cognitive-Behavioral Therapy o CBT); Mindfulness; Terapia Dialettico-Comportamentale-Informed (Dialectical Behavior Therapy o DBT-Informed); Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR); Psicoterapia Sensomotoria (PS).

CBT
La Terapia Cognitivo-Comportamentale (o Cognitive-Behavioral Therapy, CBT) è considerata dalla comunità scientifica internazionale uno dei modelli di comprensione e trattamento dei disturbi psicopatologici più efficaci ed affidabili. La CBT è scientificamente fondata: diversi studi controllati hanno dimostrato che il metodo cognitivo-comportamentale costituisce una terapia efficace che in molti casi conduce a risultati superiori o almeno uguali agli psicofarmaci, ad esempio, nel trattamento dei disturbi d’ansia e della depressione e che inoltre è molto più efficace di questi nella prevenzione delle ricadute.
La CBT parte dal presupposto che ci sia una stretta ed articolata relazione fra pensieri, emozioni e comportamenti e che la sofferenza psicologica dipenda da questi ed in larga parte da credenze disfunzionali che l’individuo ha su di sé, sugli altri e sul mondo: credenze che si mantengono nel tempo a causa di differenti processi che sono oggetto di una particolare attenzione da parte del terapeuta.
Le tecniche che il terapeuta CBT possiede sono molteplici. In primis è fondamentale effettuare una corretta formulazione del caso ed in seguito, in base ai sintomi e al problema presentato dalla persona, in base alle sue caratteristiche, alla sua storia di vita ed alla luce degli obiettivi impliciti ed espliciti della terapia, il terapeuta sceglie quali tecniche impiegare ed in quale preciso momento del percorso terapeutico. Il terapeuta CBT lavora insieme all’individuo al fine di stabilire gli obiettivi della terapia e durante il percorso valuta periodicamente i progressi e l’andamento della terapia stessa rispetto agli scopi individuati inizialmente.
Di seguito riporto brevemente solo alcune delle evidenze di efficacia della Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT).
- DISTURBO DI PANICO ED AGORAFOBIA: la CBT, quindi la combinazione di tecniche cognitive e di esposizione, è indicata come il trattamento di elezione per questi disturbi. Nel 1994 David M. Clark osservando pazienti con Panico e Agorafobia ha rilevato che la CBT è più efficace sia di interventi basati esclusivamente su tecniche di rilassamento che di trattamenti farmacologici (con psicofarmaco). Inoltre ha osservato che a 6 mesi dalla fine delle terapie (follow-up) fra i pazienti trattati con la CBT solo il 5% presentava una ricaduta mentre la percentuale di ricaduta di quelli trattati con gli psicofarmaci era del 40%. Nel 1996 Anthony Roth e Peter Fonagy hanno rilevato che la CBT conduceva ad un miglioramento del Disturbo di Panico in circa l’85% dei casi e che tale intervento era efficace in 2/3 dei casi di pazienti con diagnosi di Disturbo di Panico con Agorafobia.
- DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC): negli studi di esito l’efficacia della CBT appare superiore a tutte le altre forme di psicoterapia sia considerando la riduzione dei sintomi che la stabilità del cambiamento ottenuto. Se confrontata con la terapia farmacologica, la CBT risulta avere un’efficacia confrontabile o superiore a questa e minori tassi di ricaduta ed effetti collaterali. Secondo le linee guida internazionali la terapia farmacologica e la CBT sono i trattamenti più efficaci o di dimostrata efficacia per il Disturbo Ossessivo-Compulsivo rispetto al quale la tecnica di elezione risulta essere l’Esposizione con Prevenzione della Risposta (E/RP).
- DEPRESSIONE: l’efficacia della CBT nel trattamento della depressione è stata più volte confermata empiricamente e riguarda sia gli episodi depressivi acuti che la ricorrenza. Le linee guida internazionali indicano la CBT come intervento di prima scelta nel trattamento di molti pazienti con depressione e non solo di quelli per cui non risulta possibile o efficace una farmacoterapia. La media di miglioramento del livello di depressione acuta è del 63% circa nei pazienti trattati con CBT e del 70% circa nei pazienti trattati combinando la CBT con la farmacoterapia. Nei casi di depressione ricorrente, in seguito ad un trattamento completo con la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale (protratto fino alla completa remissione dei sintomi), le possibilità di ricaduta si riducono del 50% rispetto a ciò che accade quando i pazienti vengono trattati esclusivamente con i farmaci. Recentemente sono stati sviluppati nuovi protocolli di trattamento come la Mindfulness Based Cognitive Therapy (MBCT) e la Terapia del Benessere (TB), specificatamente incentrati sulla cura della ricorrenza, che hanno ulteriormente incrementato l’efficacia della Terapia Cognitivo-Comportamentale.

MINDFULNESS
“Quando non siete sicuri di cosa fare, tornate al vostro respiro: inspirate ed espirate pienamente consapevoli, prendete rifugio nella presenza mentale. La cosa migliore da fare nei momenti di difficoltà è tornare a sé stessi e dimorare nella consapevolezza”
Thich Nhat Hanh
Vi siete mai chiesti quali progetti potreste realizzare e cosa potreste fare di diverso nella vostra vita se le emozioni ed i pensieri vissuti come dolorosi e disturbanti non fossero più un ostacolo e non consumassero più così tanto tempo ed energie? Questo può risultare estremamente difficile da immaginare se si ha esperienza di una mente che trattiene, che non lascia scorrere. Conoscere e praticare la Mindfulness può essere di grande aiuto.
Con la parola Mindfulness si intende un particolare stato della mente che diviene attenta e consapevole attraverso specifiche pratiche meditative. Questo stato di “presenza mentale” si configura nel momento in cui si diviene consapevoli dell’esperienza presente, del qui ed ora, in modo intenzionale e non giudicante. È ciò che accade quando l’attività discorsiva ininterrotta della mente si placa e si crea spazio per una consapevolezza che va oltre la parola ed il pensiero concettuale.
La Mindfulness conduce ad un consapevole riconoscimento di ciò che appare, ovvero, emozioni, pensieri, sensazioni fisiche ed impulsi ed invita a praticarne l’accettazione: si impara a lasciare che questi accadano e che siano come sono, senza agire per cercare di cambiarli o liberarsene. La Mindfulness consente la disidentificazione dai propri pensieri: “io non sono i miei pensieri, i miei pensieri non sono me”. In questo modo questi vengono visti come semplici oggetti, narrazioni e prodotti della mente e ciò sottrarre loro l’egemonia che tendono ad esercitare.
All’inizio degli anni ’80 Jon Kabat-Zinn, Professore di medicina alla Boston University, ha concettualizzato il programma MBSR che consiste in 8 incontri di gruppo e mira a ridurre sensibilmente i livelli di stress nella popolazione generale. Tale programma intensivo è stato ideato al fine di potenziare negli individui l’abilità di adattamento alle circostanze della vita e la capacità di rispondere agli stimoli stressogeni attraverso un’attitudine mentale differente.
I Professori Zindel V. Segal, Mark G. Williams e John D. Teasdale hanno invece elaborato il programma MBCT che nasce dall’incontro della meditazione di consapevolezza con gli strumenti della terapia cognitiva. Entrambi i protocolli si sono rivelati altamente efficaci per una molteplicità di condizioni e problematiche.
La Mindfulness ha una connotazione fortemente esperienziale pertanto può risultare difficile comprenderne il funzionamento senza averla praticata ma è ormai noto ed ampiamente riconosciuto che essere “mindful”, fra le tante cose, consente di:
- ridurre lo stress, il dolore, la tensione, la sofferenza emotiva e l’angoscia ed aumentare il benessere e la salute;
- aumentare la consapevolezza di sé;
- aumentare la comprensione e l’empatia verso sé stessi e gli altri;
- ridurre l’impulsività nelle scelte e quindi porta a scegliere in modo più riflessivo e ad avere maggiore controllo sul proprio comportamento;
- migliorare la focalizzazione dell’attenzione e quindi potenziare la propria efficacia in senso generale.
Presso il mio studio conduco specifici percorsi di gruppo e/o individuali incentrati sulla Mindfulness. e la integro nella pratica clinica.

DBT
“La bravura del terapeuta sta nello scorgere un raggio di sole senza negare l’oscurità del paesaggio”.
Dott.ssa Marsha Linehan
La Terapia Dialettico-Comportamentale (Dialectical Behavior Therapy o DBT) è stata ideata dalla Prof.ssa Marsha Linehan, una delle figure contemporanee di maggiore rilevo nell’ambito della salute mentale e Prof.ssa emerita dell’Università di Washington.
È una terapia di stampo cognitivo-comportamentale originariamente creata per il trattamento del Disturbo Borderline di Personalità (BPD) e dei pazienti che non rispondevano alla CBT standard. Fra le terapie per il BPD è quella che ad oggi vanta il maggior numero di pubblicazioni scientifiche circa la propria efficacia. Oltre ad essere una terapia evidence-based per il BPD, si è rivelata efficace anche per una varietà di altre condizioni psicologiche come la depressione resistente al trattamento, i disturbi alimentari e la dipendenza da sostanze.
La DBT assume che la realtà si compone di opposti che devono essere bilanciati pertanto combina strategie di accettazione e strategie di cambiamento all’interno di una cornice dialettica. I terapeuti lavorano per aiutare i pazienti a trovare un equilibrio tra l’accettazione di sé ed il bisogno di cambiare: in terapia, quindi, ci si muove continuamente fra il lavoro sull’accettazione dell’esperienza emotiva del momento presente ed il lavoro sul cambiamento dei pattern comportamentali, emotivi e relazionali che generano e mantengono la sofferenza individuale.
La struttura della terapia prevede un setting individuale quindi incontri settimanali con il terapeuta per lavorare sui problemi specifici del paziente (usando in primis l’analisi della catena comportamentale) e la partecipazione ai gruppi di skills training ovvero sessioni di gruppo nelle quali i pazienti apprendono e praticano le abilità della DBT. La DBT infatti propone l’insegnamento di abilità (skills) che dopo essere state acquisite nel contesto terapeutico devono essere generalizzate agli altri contesti di vita. In merito alle skills, i moduli principali sono 4.
- ABILITÀ NUCLEARI DI MINDFULNESS: le abilità di questo modulo aiutano i pazienti a divenire più consapevoli e presenti nel momento attuale, riducendo la tendenza a sentirsi sopraffatti dalle emozioni e dai pensieri disfunzionali. Sono utili quando si fa fatica a rimanere concentrati e quando non si è consapevoli di ciò che si prova, delle ragioni del proprio stato di turbamento e dei propri obiettivi in generale.
- ABILITÀ DI REGOLAZIONE EMOTIVA: queste skills sono pensate per imparare a comprendere e a gestire le proprie emozioni in modo più efficace. Sono utili in caso di cambiamenti d’umore repentini ed intensi difficili da controllare, per stati emotivi costantemente negativi e per comportamenti influenzati dall’umore.
- ABILITÀ DI TOLLERANZA DELLA SOFFERENZA: questo modulo contiene abilità specifiche per imparare a sopravvivere e tollerare situazioni di stress e crisi emotive senza ricorrere a comportamenti autodistruttivi. Sono abilità utili che prevedono step concreti per accettare la realtà così com’è quando è dolorosa. Sono utili in caso di impulsività ovvero di tendenza ad agire senza pensare o in caso di tendenza all’evitamento di ciò che provoca emozioni.
- ABILITÀ DI EFFICACIA INTERPERSONALE: questo modulo prevede l’insegnamento di skills, come l’assertività, utili per migliorare le relazioni interpersonali e la gestione dei conflitti, per creare e mantenere relazioni funzionali e per uscire dalle relazioni in modo sano, quando necessario. Sono efficaci per persone che hanno difficoltà nel mantenere relazioni stabili e/o per chi ha difficoltà nel preservare il rispetto di sé all’interno delle relazioni con gli altri.
In sintesi la DBT mira ad insegnare ai pazienti abilità pratiche per gestire le proprie emozioni, migliorare le relazioni ed affrontare in modo saggio le difficoltà della vita quotidiana.
Un altro concetto chiave della DBT è quello di validazione. Grazie alla validazione il terapeuta riconosce ed accetta come validi e comprensibili le emozioni, i pensieri ed i comportamenti del paziente considerando il contesto della sua esperienza. La validazione non implica necessariamente che il terapeuta approvi o concordi con i comportamenti del paziente, ma piuttosto che li comprenda come una risposta valida e significativa alle sue circostanze di vita. La Linehan insegna che la sola validazione è negli occhi di chi la riceve quindi non c’è validazione se il paziente non considera l’intervento validante. La validazione è usata insieme alle strategie di cambiamento. Il terapeuta accetta e valida il punto di partenza del paziente ma lo incoraggia anche a sviluppare nuove abilità e a mettere in atto cambiamenti funzionali.

EMDR
“Il trauma è una realtà della vita, ma non per questo dev’essere una condanna a vita”.
Dott. Peter Levine
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è un metodo psicoterapico sviluppato da Francine Shapiro negli anni ’80. È un trattamento d’elezione per i disturbi legati ad eventi traumatici e ad esperienze emotivamente stressanti. La sua efficacia è stata comprovata da più di 44 studi randomizzati controllati condotti su pazienti traumatizzati e documentata in centinaia di pubblicazioni che ne riportano l’efficacia sia nel trattamento del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) che di altre numerose psicopatologie come la depressione, il lutto traumatico, l’ansia, le fobie, i sintomi somatici e le dipendenze. La sua efficacia è stata riconosciuta da diverse organizzazioni tra cui l’American Psychiatric Association (APA) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ed attualmente è uno dei trattamenti più validati empiricamente dalla comunità scientifica.
L’EMDR poggia sulla teoria dell’Elaborazione Adattiva dell’Informazione (Adaptive Information Processing o AIP) secondo cui i disturbi psicologici sarebbero causati da esperienze traumatiche o stressanti non completamente elaborate. Secondo l’AIP in condizioni normali il cervello elabora le informazioni ed integra le nuove esperienze in modo adattivo. Le esperienze quotidiane vengono processate ed immagazzinate in reti neurali che sono accessibili senza difficoltà. Nel caso del trauma, invece, alcune risposte biochimiche intense elicitate dall’evento traumatico (come il rilascio di adrenalina e cortisolo) bloccano il sistema innato del cervello preposto all’elaborazione delle informazioni e a causa di questo le informazioni collegate al trauma come input sensoriali, sensazioni fisiche, emozioni e convinzioni scaturite al momento dell’evento restano isolate ed intrappolate in una rete neurale, in una sorta di stasi neurobiologica. L’evento traumatico quindi non viene completamente processato ed i ricordi possono rimanere “bloccati” nel cervello causando sintomi come ansia, depressione, flashback, pensieri intrusivi ed altri disturbi psicologici.
L’EMDR consente invece di ripristinare l’elaborazione adattiva delle informazioni. Durante la seduta il lavoro si focalizza sul ricordo che il paziente ha dell’esperienza traumatica e questo viene trattato terapeuticamente grazie alla stimolazione alternata dei due emisferi cerebrali che viene eseguita principalmente per via oculare o tattile (“tapping”). Uno degli elementi distintivi dell’EMDR in effetti è l’uso dei movimenti oculari o di altre forme di stimolazione bilaterale (come tocchi su entrambi i lati del corpo o suoni alternati). Si ritiene che questo processo aiuti a rielaborare i ricordi traumatici facilitando un processo simile a quello che avviene naturalmente durante il sonno REM.
Durante la desensibilizzazione ed il riprocessamento del ricordo il paziente passa dalle credenze negative associate al trauma a cognizioni positive; poi esplora il proprio corpo al fine di individuare eventuali tensioni residue legate al ricordo che vengono poi trattate con ulteriori stimolazioni bilaterali. Questo processo continua fino a quando il ricordo non causa più disagio. Le informazioni traumatiche vengono così rielaborate ed integrate nelle reti neurali adattive con una conseguente riduzione dei sintomi psicologici.
Durante le sedute di EMDR il terapeuta riduce al minimo gli interventi verbali in modo da non interferire con l’elaborazione spontanea del paziente. Il collegamento fra le informazioni connesse al ricordo e fra ricordi diversi è spontaneo ed indipendente dall’input del terapeuta che funge da guida silenziosa e facilitatore del processo.
L’EMDR non cancella il ricordo dell’esperienza traumatica ma permette di percepirlo come lontano, distante e meno pregnante emotivamente. Il ricordo resta ma il contenuto viene totalmente integrato in una prospettiva più adulta e funzionale consentendo al paziente di realizzare e provare sulla propria pelle che quell’esperienza vissuta, per quanto terribile, appartiene al passato. In questo modo può finalmente guardare agli eventi accaduti sentendosi allo stesso tempo al sicuro nel presente.

PS
“Il paziente ha le risposte al suo interno. […] Tutto quello che dobbiamo fare è aiutarlo ad andare dentro sé stesso in modo da poter trovare sufficienti informazioni per arrivare alla risposta che cerca e quelle informazioni dall’interno riorganizzeranno spontaneamente il sistema verso la salute”.
Dott.ssa Pat Ogden
La Psicoterapia Sensomotoria (PS) è un approccio sviluppato a partire dai lavori del 1970 della Dott.ssa Pat Ogden, che ne è la fondatrice. La PS permette di lavorare sul trauma e di ridurre la sofferenza attraverso modalità differenti rispetto a quelle adoperate nelle tradizionali terapie centrate sulla parola pertanto è estremamente innovativa ed interessante.
Tale approccio considera il corpo come mezzo per elaborare esperienze complesse e traumatiche e come fonte completa di informazioni. Il corpo è considerato centrale perché tiene memoria di tutte le esperienze di vita; contiene la mente, le emozioni e molto altro e soprattutto consente di far emergere l’implicito. Lavorando su corpo, movimento ed impulsi la persona può conoscere e modificare alcuni pattern fisici e psicologici contenuti nella sua memoria procedurale che sono di ostacolo al suo benessere. Tutto questo è possibile anche grazie al fenomeno della neuroplasticità quindi grazie alla capacità del cervello di cambiare e trasformarsi continuamente.
Con la Psicoterapia Sensomotoria si può supportare la persona nella sua riorganizzazione verso il benessere lavorando con le informazioni sensomotorie e partendo dall’osservazione della sua organizzazione dell’esperienza nel momento presente, ovvero, esplorando il modo in cui il suo sistema si organizza di fronte ad una serie di stimoli specifici. Durante le sedute, infatti, si può chiedere al paziente di fermarsi, mettere in pausa il discorso, chiudere gli occhi ed andare dentro di sé notando quello che accade a livello dei 5 sensi, delle sensazioni fisiche, dei movimenti o impulsi al movimento, a livello delle emozioni e del pensiero. In questo modo è possibile rendere esplicito e consapevole il materiale implicito e poi successivamente intervenire con alcune procedure specifiche in modo da modificare alcuni pattern procedurali che mantengono la sofferenza individuale (interrompendoli, aggiornandoli o trovando pattern più efficaci).
La terapia si articola in tre fasi.
- SVILUPPARE LE RISORSE: la prima fase consente di irrobustire il repertorio di risorse che la persona conosce ed ha a sua disposizione per regolare l’attivazione del suo Sistema Nervoso Autonomo (SNA). Ciò gli consentirà anche di poter rimanere presente quando successivamente il lavoro si focalizzerà sui ricordi traumatici.
- AFFRONTARE IL PASSATO: la seconda fase invece è specificatamente rivolta all’elaborazione di esperienze traumatiche. Si rivisita il passato e si lavora sui ricordi di esperienze sopraffacenti notando l’apprendimento procedurale connesso a queste memorie. In questa fase, attraverso procedure come il Ripristino della Difesa Attiva ed il Sequenziamento Sensomotorio, si elaborano i ricordi traumatici aggiornando così i significati, le conoscenze e gli apprendimenti procedurali preesistenti che erano connessi alle esperienze traumatiche e fonte di sofferenza. Il paziente così potrà riunire tutti gli aspetti del sé e muoversi verso la realizzazione.
- ANDARE AVANTI: nella terza fase il paziente può continuare a crescere lavorando sui traumi dell’attaccamento, dello sviluppo e sulle ferite relazionali ed affrontando le difficoltà della vita quotidiana che non erano state considerate precedentemente in terapia anche a causa della disregolazione.
Alla base della Psicoterapia Sensomotoria c’è la convinzione che ogni individuo abbia risorse al suo interno, un’intelligenza interiore che spinge ad evolversi ed a riorganizzarsi spontaneamente verso la salute. Il terapeuta quindi segue il paziente e si sintonizza con “ciò che vuole accadere”, in modo non violento e non forzando la cura, ed aiuta la persona ad andare dentro sé stessa al fine di trovare quelle informazioni che potranno riorganizzare il suo sistema verso il benessere.
Quello che avviene in terapia è graduale ed è importante partire proprio dal benessere, capire cosa la persona già fa per sentirsi meglio in determinate situazioni e comprendere se c’è qualcosa di diverso che può imparare a fare per aumentare il suo senso di sicurezza e resilienza di fronte alle sfide della vita.
Sarà importante lavorare sulle sensazioni di rilassamento, calma e sicurezza perché non è detto che queste esperienze siano familiari o piacevoli. Sentirsi rilassati può essere un’esperienza non comune, difficile o anche spaventosa a volte. All’inizio della terapia, quindi, sarà importante espandere queste sensazioni di benessere ed imparare risorse da poter usare durante le sedute di terapia, ma soprattutto nella vita di tutti i giorni, per ristabilire lo stato di quiete in caso di bisogno. Questo consentirà anche di poter parlare in seduta di eventi difficili ed esperienze traumatiche senza che questo porti la persona a sentirsi nuovamente sopraffatta. Il cambiamento così avviene in modo graduale e nel rispetto dei tempi individuali.
La Psicoterapia Sensomotoria consente una trasformazione spesso anche misteriosa e potente che riguarda ciascun individuo coinvolto nella relazione, quindi il paziente ma anche il terapeuta, permettendo la creazione di qualcosa che è più grande delle singole parti.